Ma

Concezione e regia: Romeo Castellucci
Musica originale: Demetrio Castellucci
Coreografia: Gloria Dorliguzzo

Con: Filippo Addamo

E con: Alexia Dimitrakoulia, Katerina Douvi, Penny Eleftheriadou,
Stefania Gogou, Dafni Kafetzi, Katerina Kalochristianaki,
Stella Kapetaniou, Athina Kirousi, Gabriela Kokkini,
Polena Kolia Petersen, Iro Konti, Christiana Kosiari,
Konstantina Koutsaftaki, Eirini Kyriakou, Laura Mamakos,
Eirini Mastora, Afroditi Michailidou, Faidra Ntagioglou,
Panagiotarea Erofili, Fotini Papachristopoulou,
Kristie Papadopoulou, Katerina Papandreou, Maria Psarologou,
Antonia Pitoulidou, Maro Stavrinou, Serafina Sideri,
Rafaela Tsobanoudi, Eleni Vergeti, Chryssi Vidalaki,
Ioanna Chloe Voulgari, Eleni Zafiri


Collaborazione alla drammaturgia: Lucia Amara
Assistente alla regia: Silvano Voltolina
Assistente coreografa: Camilla Neri

Direzione tecnica: Eugenio Resta
Costumista: Chiara Venturini
Sculture di scena: Plastikart studio
di Istvan Zimmermann e Giovanna Amoroso
Realizzazione costumi: Atélier Grazia Bagnaresi
Direttrice di produzione: Benedetta Briglia
Promozione e distribuzione: Gilda Biasini
Produzione e Tour: Giulia Colla
Organizzazione: Caterina Soranzo
Equipe tecnica in sede: Carmen Castellucci, Francesca Di Serio
Gionni Gardini, Lorenzo Camera
Amministrazione: Michela Medri, Elisa Bruno, Simona Barducci
Consulenza economica: Massimiliano Coli

Ma è un’azione diretta da Romeo Castellucci, pensata e progettata specificatamente per accadere sul sito archeologico della città di Eleusi. Per la sua natura sostanziale di evento esclusivo, Ma si dispone sui resti di un luogo noto a tutti come la sede di una delle pratiche religiose più antiche dell’occidente: i Misteri Eleusini, celebrati nel tempio dedicato a Demetra, per etimologia “madre terra”, culto agrario della generazione materna dei frutti strettamente connesso un’attesa di tipo escatologico. Del tempio dedicato a Demetra e dei luoghi del culto eleusino non restano che pietre. I Misteri scomparvero definitivamente al tramonto del paganesimo.

 

Ma di Romeo Castellucci non si volge a una ricostruzione archeologica del rituale arcaico, né ad una rilettura e riscrittura contemporanea del mito sotteso alla sua origine. Eleusi non è soltanto ciò che resta, ma è un luogo vuoto, perché abbandonato da un culto remoto, che può considerarsi uno dei punti di scaturigine dell’Occidente: qualcosa come un nucleo incandescente e vibrante da cui si sono trasmessi gesti che sembrano giungere molto vicini a un’alba della scena, soprattutto per la funzione fondamentale attribuita dai Misteri Eleusini alla visione. Nel corso della storia dei Misteri, in età imperiale, l’elemento strettamente spirituale prese il sopravvento su quello legato al culto agrario e generativo, sovrapponendosi in certi casi al cristianesimo nascente e forse preparandone il terreno nella comune ricerca della speranza escatologica. Per questo si parla di preparatio evangelica. L’innesco dei riti eleusini con la nascita della tragedia attica lo si può riconoscere nelle diverse fasi della pratica cultuale, che le fonti antiche distinguono in drómena (le cose fatte, ossia gli atti rituali); legómena (le cose dette, ovvero le formule sacre che si pronunciavano); deiknúmena (cose mostrate, ovvero gli oggetti sacri esibiti durante il rito). Un mistero oscuro, costruito per rendere difficile la vista, vietato a chi non parlava la lingua greca, ma che al contempo non poteva di regola essere divulgato con le parole, doveva consumarsi a Eleusi. Anche Antonin Artaud (1896-1948), che consideriamo il padre del teatro moderno, ne sentì il richiamo tanto da percepire Eleusi come il luogo in cui per la prima volta si era tentato di sperimentare l’idea di vita organica dell’attore nel recupero di un soffio universale mai utilizzato. Artaud annotava in un quaderno, datato 1947:  È una tecnica /che un giorno / fu sul punto di aver luogo / ma che fallì / al tempo dei / misteri orfici /o di Eleusi / perché era in questione / il compimento / di un antico / delitto. Artaud percepisce i Misteri Eleusini come un punto di origine e insieme di non ritorno, in cui il teatro poteva sperimentare un fallimento perché era ancora in gioco “il compimento di un antico delitto” avvolto nel silenzio.

 

È nel silenzio irreversibile di Eleusi che Ma di Romeo Castellucci si insedia e allestisce la sua visione. Una saturazione preliminare di corpi femminili si rende necessaria, un prologo di materia matriciale e latte materno che si diffonde sulle rovine del luogo sacro e satura così i vuoti lasciati dal culto abbandonato e non sopito.

Un uomo, che circa vent’anni fa ha commesso matricidio e che ha finito di scontare la sua pena, attraversa l’estensione del sito archeologico e la sua entrata mette in crisi, profana e rovescia il culto originario, che faceva divieto di entrare a chiunque si fosse macchiato di sangue. Solo attraverso il sacrilegio, il sacro può essere riattivato. Tuttavia l’ingresso nel santuario del matricida significa altresì riconciliazione, perdono.

Così Ma diventa abbreviazione infantile di “madre”, ma ancora più in profondità è la radice del termine “matrice”, utero che si spalanca nella terra per generare, e calco che discende nella morte della materia per conferirle forma. C’è un’altra ipotesi circa il titolo. Ma potrebbe alludere alla congiunzione avversativa nella grammatica italiana: ma, tuttavia, eppure, nonostante ciò… Un titolo che apre l’atto definitivo del matricidio, conferendogli una ‘ulteriorità’, una nuova possibilità, una nuova luce.

(Lucia Amara)

Produzione (Italia): Societas
Produzione (Grecia): TooFarEast Productions

La Pala d’Altare è stata prodotta da Opera National de Paris
in occasione de “Il primo omicidio”
di Romeo Castellucci

 

Performances: 1-3; 5-10; 12-13

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