DON GIOVANNI

W.A. Mozart (1756 - 1791)
Dramma giocoso in due atti K. 527 (1787)
Libretto: Lorenzo Da Ponte
Direttore: Teodor Currentzis
Regia, scene, luci e costumi: Romeo Castellucci

Collaboratrice ai costumi: Theresa Wilson
Coreografie: Cindy Van Acker
Dramaturg: Piersandra Di Matteo, Christian Arseni
Collaboratore alle luci: Marco Giusti

Don Giovanni : Davide Luciano
Il Commendatore : Mika Kares
Donna Anna : Nadezhda Pavlova
Don Ottavio : Michael Spyres
Donna Elvira : Federica Lombardi
Leporello : Vito Priante
Masetto : David Steffens
Zerlina : Anna Lucia Richter


Coro : musicAeterna
Maestro di Coro : Vitaly Polonsky
Orchestra : musicAeterna

Con il supporto di V—A—C


foto: Man Ray, Hands painted by Picasso, 1935
© Man Ray 2015 Trust / ADAGP — Bildrecht, Wien — 2020, Photo: Telimage, Paris

Il dissoluto punito ossia Il Don Giovanni

Per Romeo Castellucci, avvicinarsi a Don Giovanni significa affrontare l’ambiguità e la complessità, nonché lo squilibrio interiore di cui Mozart impregna il protagonista della sua opera. Vitalità e distruzione: in questa essenziale ambivalenza Castellucci vede una delle suggestioni di questa figura.
Interamente legata al momento, la forza vitale di Don Giovanni si incarna con una simbolica gravidanza nell’ondata quasi ossessiva della “Champagne Aria” “Finché hanno dal vino”. Ciò costituisce il frenetico preludio di una festa che sarà aperta a tutti – e il cui vero scopo Don Giovanni annuncia in modo abbastanza clamoroso: Leporello, il suo servitore e alter ego antitetico, potrà successivamente aggiungere altri dieci nomi alla lunga lista delle conquiste femminili di Giovanni.
Dedicata al principio del piacere, la sua esistenza, che non conosce riposo né riflessione, spinge Don Giovanni a una seduzione incessante, una pulsione disperata oltre il piacere, che riflette la consapevolezza della propria mortalità.

Il Don Giovanni di Mozart è stato descritto da Kierkegaard come lo spirito del desiderio sensuale, come “carne incarnata”. La sua vita si realizza nella pura immanenza, al di là del bene e del male. Questo lo rende estremamente pericoloso.
Don Giovanni non riconosce alcuna regola di convivenza sociale; non riconosce alcuna legge, sia essa la legge della moralità, della giustizia o della religione. Si ribella alla Legge del Padre. Sebbene rappresenti un’energia ardente che magnetizza le persone intorno a lui e le mette in moto, Don Giovanni si isola radicalmente dalla società (anche se non senza sfruttare il suo status di privilegio).
Porta confusione, caos e distruzione in tutto ciò che tocca. Il ballo alla festa che organizza deve essere ‘senza ordine’, come recita la ‘Champagne Aria’ – e Mozart prende Don Giovanni in parola: nel finale del primo atto, la sovrapposizione di vari movimenti di danza porta ad un collasso della struttura musicale.

In questo contesto il titolo principale originario dell’opera assume connotazioni più profonde, in quanto la parola ‘dissoluto’, che qui significa persona dissoluta o libertino, segnala anche la sua derivazione etimologica da ‘dissolvere’ – e infatti, Don Giovanni conduce una vita ‘dissolta’ da qualsiasi legame con l’umano, figuriamoci da regole più elevate.
Inoltre, è qualcuno che allenta, separa e divide attivamente.
Dopo il tentativo di Don Giovanni di rapire Donna Anna con la copertura dell’oscurità, l’introduzione dell’opera si conclude con l’uccisione del padre, il Commendatore. Ora per la prima volta la società si rivolta contro il colpevole – presto identificato da Donna Anna – con un appello alla vendetta. Tuttavia, sarà “ punito ” – come nell’opera di moralità cattolica di Tirso de Molina El burlador de Sevilla y convidado de piedra, che segna la nascita della figura di Don Juan all’inizio del XVII secolo – non per azione umana ma da un potere soprannaturale, cioè il Commendatore, che ritorna come una statua, come “l’ospite di pietra”. Questa irruzione della trascendenza sembrerà solo sproporzionata a chi vede in Don Giovanni unicamente il malandrino seduttore a cui tende a ridurlo il libretto di Lorenzo Da Ponte. Ma Mozart apre abissi e dimensioni di tragedia e anarchia sin dal primo momento: l’inizio dell’ouverture anticipa la musica dell’ ‘ospite di pietra ‘, il dialogo tra il Commendatore e Don Giovanni «in cui anche il più concreto uditore è portato ai limiti dell’immaginazione umana e oltre; dove nella vista  e nel suono apprendiamo il soprannaturale». (Eduard Mörike in Mozart’s Journey to Prague, tr. L. von Loewenstein-Wertheim).

Romeo Castellucci svilupperà la sua produzione in un processo di scambio continuo con il direttore d’orchestra Teodor Currentzis. Le figure attorno a Don Giovanni vanno colte nei loro caratteri e nelle fisionomie musicali nettamente contrastanti, nonché nei rapporti individuali con il protagonista, senza negare l’elemento comico di questo dramma giocoso.
Nel corso dell’azione, Romeo Castellucci caricherà lo spazio drammatico neutro con una serie di connotazioni precise derivanti dai suoi profondi scavi dell’opera.

 

(Piersandra Di Matteo, Christian Arseni)

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