Essere Primitivo 2015
idee e spettacoli
di una compagnia di ragazzi
28 e 29 novembre 2015, Teatro Comandini, Cesena
a cura di Chiara Guidi
con gli Studenti delle scuole superiori di Cesena
e dell’Università di Cesena e Bologna
28/11/2015 - 29/11/2015
Teatro Comandini, Cesena IT
Sabato 28 novembre_____________________________
dalle 17.00
ingresso libero
Metamorphosis
installazione di Livia Bottignole e Andrea Cappelli
10’ in loop
Un lavoro di interconnessione tra musica e immagini, che si sorreggono e al tempo stesso si sviluppano insieme in un continuo divenire. La forma e l’immateriale fluiscono trasformandosi passaggio dopo passaggio in qualcosa di nuovo, simile ma diverso, che tende a stravolgere ogni volta la condizione precedente.
Fumetto vivente e racconto stordito
performance di Nicolas Verdier
con Nicolas Verdier e Matteo Cerlesi
3’
Brevi racconti di alcune favole francesi tratte dal libro Fables di Jean Anouilh scritto durante l’estate 1973. Leggerezza e finezza possono definire quest’opera, scritta per quelli di noi che pensano di non amare la lettura. Il lavoro che verrà presentato è il risultato di un esercizio di recitazione che vuole illustrare ingenuamente i racconti. Si aggrega a questi racconti un breve dialogo intitolato I fisici tratto da Terrore e miseria del Terzo Reich di Bertold Brecht scritto tra il 1935 e il 1938. Non è una favola ma ci sarà anche lì una morale da percepire.
Dalla stanza delle firme
ispirato a Le rane di Aristofane
di Chiara Guidi
con Pietro Agosti, Alessia Bossari, Benedetta Bronchi, Nicola Capponcelli, Maria Teresa Capponcelli, Umberto Castagnoli, Francesco Dipré, Charles Fabiani, Matina Grasso, Clemente Guidi, Caterina Lazzaretti, Laura Leonardi, Giulia Mariani, Marco Menghi, Eleonora Pezzi, Caterina Ramilli, Alessandra Ravaglia, Francesca Rossi, Marco Sanchirico, Lucia Trasforini, Gregorio Valducci, Filippo Zimmermann, Sveva Zimmermann (delle scuole superiori di Cesena)
per il Liceo Scientifico “Augusto Righi” di Cesena si ringrazia la professoressa Gabriela Mattei
50’
Tutte le cose, a una a una, portano un segno. Questo segno è la firma che dischiude la forma, la figura e la qualità di ciò che si trova nelle cose. Per questo abbiamo cercato oggetti, li abbiamo nominati e, attraverso la parola, abbiamo creato dei legami… delle storie.
Ma subito ci siamo accorti che quello che stavamo facendo non era sufficiente. Per trovare ciò che le cose in realtà nascondono è necessario un poeta o, meglio, diventare poeti e vedere, con l’arte del teatro, il desiderio che portiamo.
“Sono morto perché non ho desiderio,
non ho desiderio perché credo di possedere,
credo di possedere perché non cerco di dare.
Cercando di dare, si vede che non si ha niente,
vedendo che non si ha niente, si cerca di dare se stessi,
cercando di dare se stessi, si vede che non si è niente,
vedendo che non si è niente, si cerca di divenire,
desiderando divenire, si vive”.
(René Daumal)
Messner
concerto di e con Francesco Di Giorgio e Michele Monti
15’
Duo chitarra elettrica e batteria. Propongono brani strumentali che si sviluppano intorno a pochi frammenti di ritmi o armonie, dal suono ruvido e distorto. I loro numi tutelari sono i grandi gruppi hardcore degli anni Novanta (Fugazi, Jesus Lizard) e il post rock del nuovo millennio (Russian Circles, Caspian).
Il tempo di un fiore
spettacolo di Andrea Bianco
con Francesco Dell’Accio e Pier Paolo Zimmermann
20’
Eraclito individuava l’arché, il principio immanente di tutte le cose, nel fuoco, immagine del divenire, poiché, modificandosi continuamente nella forma apparente, mantiene inalterata la sostanza. Così, la realtà è costituita da un ininterrotto fluire, è il continuo e reciproco scambio tra due opposti che costituiscono un’essenza unitaria. È una realtà in continuo divenire, che non concede punti fermi, momenti replicabili, ma ogni attimo è unico in quanto calato in un momento irripetibile. È una continua lotta tra due facce di una stessa medaglia per un’autoaffermazione sterile, è una lotta tra l’amore e l’odio, il piacere e il dolore, la vita e la morte. Ogni istante di vita è un istante di morte, un istante che rimarrà eterno perché unico: “Non c’è vita che almeno per un attimo non sia stata immortale” (Wisława Szymborska). È una conseguenza del peccato originale e della caduta dall’Eden, il primo attimo eterno. È nato quindi il tempo lineare dell’uomo, contrapposto a quello ciclico della natura. Ne risulta che l’attimo presente è l’unica certezza: l’intera vita dell’uomo non è altro che la successione di un momento dopo l’altro, un momento destinato a rimanere eterno. Capito ciò, non ci sarà altro da inseguire e sarà possibile condurre una vita autentica.
“Che possiate vivere ogni giorno della vostra vita” (Jonathan Swift).
Malinconia 1 – Frammenti
primo studio su Melencolia 1 di Albrecht Dürer di Francesco Dell’Accio
con Andrea Bartolini, Arianna Giorgini, Eva Castellucci, Gemma Galassi e Sofia Maccherozzi
30’
“La sventura costringe a porre continuamente la domanda “perché”, domanda essenzialmente senza risposta. Così mediante essa si ode la non risposta: il silenzio essenziale…”
(Simone Weil, Quaderni III)
L’incisione dureriana Melencolia 1 nel suo profondo intimismo, ci chiama, ci chiede di sostare tra le rovine, in quella gabbia di pensieri e di simboli che non riescono a prendere forma. Ci chiede di prendere il suo posto in un tutto che rimane incompleto, che esiste in potenza, tra l’essere e il non essere. Così anche lei, la stessa Melencolia, un essere antropomorfo, un angelo caduto, pur essendo non è. La sua forma statuaria viene dissolta dal suo sguardo introverso, lontano. Essa dalle sue profondità non può fare a meno di sognare il cielo e di gridare in silenzio la sua dolce lacerazione. È in questo torpore di frammenti, in questa desolazione, che persiste la necessità di superare il proprio pensiero, il limite che è l’uomo stesso, per trasformarsi, cioè conquistare una nuova forma, valicare il confine tra ciò che non c’è e ciò che non c’è ancora, tornare alla speranza. Per fare questo è necessario attraversare la crisi, il mare che è abisso e specchio entro il quale non possiamo smettere di riversare un dolore senza cura e di chiedere il perché di questa pena senza nome. In questo ripetersi della domanda, sprofondiamo sempre più in noi stessi fino ad accorgerci che quella disperazione e quel dolore non sono solo nostri, ma fanno parte di una ferita che è propria dell’esistenza stessa… passata, presente e futura. In fondo siamo il frammento di un frammento di un frammento…
Tre miniature autobiografiche
concerto di chitarra di e con Andrea Bianco
6’
Due pezzi diversi non solo nella forma, ma anche nel contenuto: uno nato come gioco, quasi per scommessa; l’altro nato da un’esigenza interiore, da un bisogno urgente di espressione. Il “Trio per noi trio” è un pezzo per tre chitarre scritto per tre chitarristi, tre chitarristi ironici ma uniti. Le “Tre miniature autobiografiche” esprimono una dimensione più intima e privata, quasi segreta, e rivelata solo per impressioni e poche suggestioni. Alla base di questa dualità, sta un gioco tra ironia e serietà, artificio e naturalità, invenzione ed espressione.
Domenica 29 novembre_____________________________
dalle 17.00
Metamorphosis
installazione di Livia Bottignole e Andrea Cappelli
10’ in loop
Un lavoro di interconnessione tra musica e immagini, che si sorreggono e al tempo stesso si sviluppano insieme in un continuo divenire. La forma e l’immateriale fluiscono trasformandosi passaggio dopo passaggio in qualcosa di nuovo, simile ma diverso, che tende a stravolgere ogni volta la condizione precedente
Primo studio su La tempesta di Shakespeare
di Chiara Guidi
con Andrea Bartolini, Andrea Bianco, Alessia Bossari, Livia Bottignole, Antonia Casadei, Eva Castellucci, Simona Conforti, Fabio Corallo, Francesco Maria Dell’Accio, Francesco Di Giorgio, Marta Grassi, Doina Harea, Alice Leoni, Sofia Maccherozzi, Margherita Rossi, Federica Scaringello, Nicolas Verdier, Pierpaolo Zimmermann, Valentina Zoffoli (studenti dell’Università di Cesena e Bologna)
45’
Nel finale della Tempesta Prospero, capace con la sua arte di scatenare gli elementi e di condurre al discernimento coloro che lo hanno offeso e tradito, perdona e chiede di essere perdonato. E tutti, felici, ritornano alle loro case. Eppure nella preghiera finale di Prospero, Shakespeare nasconde un nuovo incipit. Il lieto fine è rigettato nella lotta che la metafora del naufragio illustra e diventa il prologo di un’altra tempesta che l’animo scatena per una nuova nascita. Morte e nascita, continuamente. Nel caos che nel naufragio si genera e rinnova, l’uomo scopre quel lavoro su di sé che porta alla produzione di un’opera. Per cui Prospero riconosce il nero Calibano e non può fare a meno di lui così come non può fare a meno dei propri libri. È interessante risalire all’origine della parola libro. Essa riconduce a legno, corteccia e ci consente di ritrovare quella legna che l’oscuro Calibano raccoglie e accumula nella grotta di Prospero, spazio della conoscenza e della trasformazione.
Prospero… Calibano.
Calibano… Prospero.
In questo continuo scambio degli opposti il finale della Tempesta resta, dunque, sospeso. E ci invita a guardare il mare come luogo di ciò che, in potenza, attende in noi di essere conosciuto. “Allora li domina sia il pentimento di quanto intrapreso che il timore d’intraprendere, e s’insinua quello sbattersi dell’animo senza via d’uscita – non riuscendo a essi di dominare i desideri né d’assecondarli – e l’esitazione d’una vita che stenta a svilupparsi, e lo stato d’abbandono d’un animo torpido tra le delusioni…”
(Seneca, De tranquillitae animi)
Gelido
installazione teatrale di Federica Scaringello
con Benedetta Gianfanti, Pier Paolo Zimmermann
15’
G E L I D O è una stanza creata per contenere poche parole.
Non si tratta di abitare uno spazio con il proprio corpo, ma piuttosto di ritrovarsi con la lettura silenziosa di parole precise che appartengono alla poesia. Permettere che una stanza si formi a partire da ciò che è presente nella parola stessa, lasciare le tracce di una costruzione che rimane volontariamente incompleta.
… una parola
una parola che fu intera assedia la testa,
fruga tra le macerie, fissa incredula
quella luce sovrumana.
Milo De Angelis, da Tema dell’addio
Fumetto vivente e racconto stordito
performance di Nicolas Verdier
con Nicolas Verdier e Matteo Cerlesi
3’
Brevi racconti di alcune favole francesi tratte dal libro Fables di Jean Anouilh scritto durante l’estate 1973. Leggerezza e finezza possono definire quest’opera, scritta per quelli di noi che pensano di non amare la lettura. Il lavoro che verrà presentato è il risultato di un esercizio di recitazione che vuole illustrare ingenuamente i racconti. Si aggrega a questi racconti un breve dialogo intitolato I fisici tratto da Terrore e miseria del Terzo Reich di Bertold Brecht scritto tra il 1935 e il 1938. Non è una favola ma ci sarà anche lì una morale da percepire.
Grande sertao: musiche dal Sud America
concerto di e con Pietro Agosti e Mario Strinati
20’
Un concerto con brani sudamericani per due chitarre.
Il programma prevede:
-Chelso Machado, Paçoca
-Chelso Machado, Quebra Queixo
-Vito Nicola Paradiso, Milonga
-Paulo Bellinati, Jongo
La presa di Mileto. Una tragedia in cinque fasi
spettacolo di Doina Harea
con Nicolas Verdier
30’
E se fossimo proprio noi quelli ad essere un giorno dall’altra parte dell’ incubo? E se quella tragica storia che abbiamo sempre sentito, senza farci troppo caso, fosse la nostra? I giorni passano. Le notti passano. Fra l’immensità dell’uomo e la sua piccola bassezza mortale, ci troviamo noi. Indiscussi esseri del non essere. Girando e girando come il vento. Destinati a diventare l’ombra rimasta, di un niente che scorre.
Trio per noi trio
concerto di e con Andrea Bianco, Lorenzo Biguzzi e Elena Di Dato
4’
Due pezzi diversi non solo nella forma, ma anche nel contenuto: uno nato come gioco, quasi per scommessa; l’altro nato da un’esigenza interiore, da un bisogno urgente di espressione. Il “Trio per noi trio” è un pezzo per tre chitarre scritto per tre chitarristi, tre chitarristi ironici ma uniti. Le “Tre miniature autobiografiche” esprimono una dimensione più intima e privata, quasi segreta, e rivelata solo per impressioni e poche suggestioni. Alla base di questa dualità, sta un gioco tra ironia e serietà, artificio e naturalità, invenzione ed espressione.