Gola
in tre movimenti

concezione e direzione Chiara Guidi
in collaborazione con Alessandro Scotti

cura del suono Giuseppe Ielasi
aiuto regia Chiara Savoia
tecnica Giovanni Marocco, Eugenio Resta
attrezzeria Carmen Castellucci
costruzioni Gionni Gardini, Vito Matera

cura Elena de Pascale
produzione Societas

un particolare ringraziamento a Laura Casadei, Roberta Ioli,
Annalisa Sacchi, Cristina Ventrucci

foto Alessandro Scotti

La doula è la serva che ascolta. Questo il primo movimento.

La cavallina di Cechov, l’unica capace di accogliere le confidenze del vecchio vetturino Jona Potàpov, a una settimana dalla morte del figlio, è il secondo movimento. A lei, nella stalla, il padre riesce a cantare la propria tristezza.

La voce di Ewa è il terzo movimento. In Bosnia è in corso un processo di riconoscimento. Quasi trentamila persone sono scomparse durante la guerra negli anni Novanta e non tutti i corpi sono stati trovati nelle fosse comuni. È stato necessario scendere, sollevare, ricomporre, riconoscere, nominare per restituire i morti alle famiglie. E seppellirli. Questo il lavoro di Ewa, per molti anni.

Di fronte alla forza tragica della realtà, il teatro s’interroga. Porta alla luce?
Come poter rispondere a questa domanda. In Gola, il teatro interviene al di là del problema estetico. Si tratta di toccare, con lo sguardo aptico della tragedia, la pena dell’eroe. Di porsi in presenza di quelli che agiscono e che soffrono. Di restituire loro un presente, che è il tempo della scena, e di dar loro una voce, quella dell’artista, che cicatrizza in un corpo unico l’ascolto, il dolore, e la cura.

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