Salomè

di Richard Strauss

Direttore musicale: Franz Welser-Möst
Regia, scene, luci e costumi: Romeo Castellucci

Coreografie: Cindy Van Acker
Collaborazione artistica: Silvia Costa
Drammaturgia: Piersandra Di Matteo

Foto: Ruth Walz

‘Ma quando fu celebrato il compleanno di Erode, la figlia di Erodiade ballò davanti a loro e fece piacere a Erode. Quindi promise con un giuramento di darle qualunque cosa lei avrebbe chiesto. E lei, essendo stata istruita prima da sua madre, disse: Dammi qui la testa di Giovanni Battista su un vassoio.

L’evento che porta alla decapitazione di Giovanni Battista è riportato in alcune brevi frasi nei vangeli di Matteo e Marco.

La figliastra di Erode, tetrarca della Galilea, qui non ha ancora un nome, e la sua domanda egregia non nasce dalla sua volontà ma da quella di sua madre Erodiade, che odia il fastidioso profeta.

 

Ciò che trasformerà Salome in un mito è tuttavia chiaramente affrontato: l’atto di mostrarsi nella danza agli occhi altrui, e con ciò la fascinazione dello spettatore e il potere che l’oggetto del suo sguardo esercita su di lui. […]

 

Nella letteratura francese della fine del XIX secolo, la figura di Salome divenne un soggetto popolare come femme fatale e il simbolo della lussuria perversa. Il culmine è stato raggiunto con la tragedia di Oscar Wilde Salomé, scritta in francese e che respira lo spirito del fin de siècle.

Espandendo la costellazione originale di sguardi, Wilde tesse un’intera rete di sguardi ossessivi e non restituiti tra le figure, come espressione o origine del desiderio.

[…]

La tragedia di Wilde si svolge tra opposizioni di occhi e orecchie, fisicità e spiritualità, suono e parola, sguardo e intuizione.

 

Quando nel 1903 Richard Strauss iniziò a creare una breve traduzione tedesca di questa commedia scandalosa in musica, affrontò la sfida di trasmettere queste antitesi nel mezzo della musica – o addirittura di relativizzarle.

Il regista italiano Romeo Castellucci, un profondo investigatore del potere del vedere, anche nel senso di ‘ciò che ci viene visto’, esplora le tenebre di questa “tragedia dello sguardo”.

 

Un artista con una capacità eccezionale di creare immagini pulsanti con la conoscenza dell’inconscio, si avvicina a Salomè assumendo il luogo che ospita l’azione teatrale come suo punto di partenza. Per mezzo di un intervento nell’aspetto classico della Felsenreitschule con i suoi portici scavati nella roccia del Mönchsberg, viene suggerita l’impressione di soffocamento. Potrebbe essere percepito come correlativo oggettivo al sentimento di oppressione che circonda il protagonista da tutti i lati e che pervade la musica e il gioco di cattura giocato dalla ripetizione delle parole in tutto il libretto.

La figura di Salomè – nella straordinaria interpretazione di Asmik Grigorian – diventa il vero perno e si trasforma nel fuoco che anima tutto ciò che è presente. La sua danza si manifesta come un’interruzione controritmica: l’inerzia che ora colpisce lo slancio vitale si manifesta in una forma di inazione relativa al regno dell’inorganico.

[…]

In questo contesto, in cui esistono elementi sublimi accanto al banale, la messa in scena di Romeo Castellucci mette in primo piano meno il desiderio del trofeo della testa di Jokanaan (Giovanni Battista, nella tradizione cristiana) che l’atto di tagliare: non l’oggetto del desiderio, che si perde per sempre, ma la toccante solitudine di una figura femminile per la quale proviamo simpatia.

Ed è qui che l’atto di guardare, in virtù della sua ultima interdizione, si tuffa nell’abisso del desiderio.

(Christian Arseni, Piersandra Di Matteo)

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