ETHICA. Natura e origine della mente

Ideazione e regia: Romeo Castellucci
Testo: Claudia Castellucci
Suono: Scott Gibbons

con: Silvia Costa
un cane e 6 figuranti

Voce registrata: Bernardo Bruno

Sculture: Istvan Zimmermann e
Giovanna Amoroso - Plastikart studio
Direttore tecnico: Massimiliano Peyrone / Filippo Mancini
Tecnico del suono: Matteo Braglia / Michele Braga
Addetto alla produzione: Benedetta Briglia
Organizzazione e promozione: Gilda Biasini, Giulia Colla
Amministrazione: Simona Barducci, Elisa Bruno,
Massimiliano Coli, Michela Medri

Produzione: Societas
In coproduzione con: T2G-Théâtre de Gennevilliers
centre dramatique national de création contemporaine

Creato a Venezia per la La Biennale College-Teatro nell’Agosto 2013
In Coproduzione con: Théâtre de la Ville e Festival d’Automne a Parigi
In collaborazione con: La Biennale di Venezia

Foto: Guido Mencari

Il regista italiano Romeo Castellucci s’ispira per questo progetto al pensiero del filosofo olandese Spinoza (1632-1677) e in particolare ai suoi cinque libri che compongono l’Ethica.

Per ciascuno di questi libri, Romeo Castellucci propone un’azione teatrale.

Cinque sono dunque le azioni che saranno pensate nel tempo.

Natura e Origine della mente, prende il titolo dal secondo libro e una prima versione di questo lavoro è stata creata nel 2013, durante un workshop alla Biennale College-Teatro, in collaborazione con la Biennale di Venezia e il sostegno del Théâtre de la Ville e il Festival d’Automne di Parigi.

C’è una giovane donna appesa a un cavo, a molti metri da terra. Dopo un primo sguardo riusciamo a vedere che la donna si tiene solo attraverso il dito indice della mano sinistra. Manca poco alla caduta vertiginosa. La donna però non sembra disperata, al contrario, sembra avere il pieno controllo di questo terrore, sembra estendere e vivere questo attimo come una soglia. Sorge il dubbio che non si tratti di un principio di caduta ma, al contrario, di levitazione, di lancio, di forza. Un arco teso di un corpo che sta per essere lanciato in aria. Il corpo della donna occupa la regione alta dello spazio, visualizza lo spazio cerebrale dell’architettura con la sua presenza. Sotto di essa, in mezzo al pubblico che osserva la scena stando in piedi, si aggira un cane. Si muove in modo casuale, libero tra le gambe del pubblico. Questo cane miagola. C’è un dialogo tra il cane/gatto e la donna appesa. L’oggetto del loro dialogo ruota intorno alla scoperta di essere il frutto della visione interiore dello spettatore. Il Cane con la voce di gatto ha deciso di dare voce a una telecamera, di essere Telecamera. La donna appesa per un dito ha deciso di dare voce alla luce, di recitare la parte di Luce. E poi un terzo personaggio, composto dalla moltitudine, reagisce alle parole dei due, è la Mente, la protagonista che dà il nome al titolo di questa azione.

Il titolo della performance è tratto dal Secondo Libro dell’Etica di Spinoza, là dove il filosofo indaga la natura del pensiero superiore e il potere operante della mente, la sede nucleare della formazione della stessa realtà. Colui che pensa è cosa unica con la realtà.

Su questo solco, la performance ramifica la propria libera deviazione, e comincia una discesa verso la foce, verso il luogo in cui le acque giungono alla fine: una platea. L’immagine creata nella mente dell’artista raggiunge, infine, la mente dello spettatore, il quale la riceve, sì, ma nel ricevere la forma. La performance ambisce a congelare questo pensiero, nell’atto di ricevere l’immagine, non per un intento scientifico, ma per sancire la fusione tra ricezione dello spettatore e creazione dell’immagine originaria.

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