Democracy in America

Liberamente ispirato all’opera di Alexis de Tocqueville

Regia, scene, luci, costumi: Romeo Castellucci
Testi: Claudia Castellucci e Romeo Castellucci
Musica: Scott Gibbons

Con: Olivia Corsini, Giulia Perelli, Gloria Dorliguzzo,
Evelin Facchini, Antonella Guglielmi, Sophia Danae Vorvila
e con dodici danzatrici locali

Coreografie liberamente ispirate alle tradizioni folkloriche
di Albania, Grecia, Botswana, Inghilterra, Ungheria, Sardegna;
con interventi coreografici di Evelin Facchini, Gloria Dorliguzzo,
Stefania Tansini, Sophia Danae Vorvila

Assistente alla regia: Maria Vittoria Bellingeri
Maestro di prove: Evelin Facchini
Sculture di scena, prosthesis e automazioni: Istvan Zimmermann e
Giovanna Amoroso - Plastikart studio
Realizzazione costumi: Grazia Bagnaresi

Tecnici di palco: Andrei Benchea,
Pierantonio Bragagnolo, Emanuele Cavazzana
Datore luci: Andrea Sanson
Tecnico del suono: Claudio Tortorici
Costumista: Elisabetta Rizzo / Chiara Venturini
Decoratore: Silvano Santinelli
Fotografo di scena: Guido Mencari

Direzione tecnica: Paola Villani, Eugenio Resta
Equipe tecnica in sede: Carmen Castellucci, Francesca Di Serio,
Gionni Gardini, Daniele Magnani
Responsabile di produzione: Benedetta Briglia
Assistente alla produzione: Giulia Colla
Promozione e distribuzione: Gilda Biasini
Amministrazione: Michela Medri, Elisa Bruno, Simona Barducci
Consulenza amministrativa: Massimiliano Coli

Produzione esecutiva: Societas
In coproduzione con: deSingel International Artcampus; Wiener Festwochen; Festival Printemps des Comédiens à Montpellier; National Taichung Theatre in Taichung, Taiwan; Holland Festival Amsterdam; Schaubühne-Berlin; Festival d’Automne à Paris con MC93 Maison de la Culture de Seine-Saint-Denis à Bobigny; Le Manège - Scène nationale de Maubeuge; Teatro Arriaga Antzokia de Bilbao; São Luiz Teatro Municipal, Lisbon;
Peak Performances Montclair State University (NJ) - USA
Con la partecipazione di: Théâtre de Vidy-Lausanne
e Athens and Epidauros Festival

L’attività di Societas è sostenuta da: Ministero dei beni e attività culturali, Regione Emilia-Romagna e Comune di Cesena

Quando il giovane aristocratico francese Alexis de Tocqueville rientra da un lungo viaggio di studio negli Stati Uniti d’America nel 1832, compone un saggio in due tomi sul neonato sistema politico americano. In un’opera che diverrà uno dei testi fondamentali per la cultura politica dell’Occidente contemporaneo, Tocqueville descrive il nuovo modello di democrazia rappresentativa rintracciandone l’origine negli usi, nei costumi, nelle idee, nella coscienza collettiva delle colonie della vecchia Europa, ormai affrancate verso un futuro di rifondazione e libertà. La democrazia americana – la prima che per vastità e radicalità veniva edificata in epoca moderna – si era potuta costituire grazie a quel fenomeno che Tocqueville individuava come Puritan Foundation – l’apporto, cioè, delle comunità puritane nel gettare le basi di una fattiva uguaglianza di stampo evangelico tra gli esseri umani. Il vero argomento di Tocqueville, però, non era l’America, bensì la democrazia stessa, scandagliata minuziosamente con acribia anatomica, la rinascita in terra vergine di un modello politico logorato dai secoli nella vecchia Europa. De Tocqueville osserva il potenziale di una democrazia giovane, pur rilevandone i pericoli e i limiti, come la tirannia della maggioranza, l’indebolimento della libertà intellettuale di fronte a una retorica populista, e l’ambigua relazione fra l’interesse collettivo e le ambizioni dell’individuo. Nello stesso tempo, il Potere nel Nuovo Mondo rimetteva in questione la propria rappresentazione. Nella Grecia classica, la Tragedia rappresentava il doppio necessario e l’ombra della Democrazia ateniese: con La Democrazia in America Romeo Castellucci segue l’esempio di De Tocqueville e si pone nel tempo che precede la Politica, e, recisa in profondità la radice greca, in ciò che viene prima della Nascita del Teatro, in quell’attimo d’indeterminazione in cui i piedi nudi calpestano ancora le ceneri tiepide della Festa ormai abbandonata dagli Dei, ma non vedono ancora l’inizio della Tragedia, creata dall’Uomo. Un’opera che rintraccia una celebrazione dimenticata, un rito ancora senza nome, in cui il Teatro rinnovi la sua funzione primaria: l’essere il necessario e oscuro doppio dell’agone politico e delle forme delle società della razza umana.

Archivio

<